Industria
PAOLO STARACE (UNRAE) Il mercato tra crisi dei chip, rinnovo del parco e transizione energetica

Il numero uno della sezione Veicoli Industriali illustra lo stato di salute del comparto e le sfide per il futuro.
In base alle ultime stime diffuse dall'Unrae, l'Unione nazionale dei costruttori esteri (qui spiegate nel dettaglio), il mercato italiano dei veicoli industriali tira un sospiro di sollievo grazie ai risultati positivi delle immatricolazioni registrate a luglio e agosto (rispettivamente +44,4 e +20,5%), ma è ancora attraversato da profonde turbolenze che ne minano la serenità. L'andamento da inizio anno risulta piuttosto altalenante e il cumulato dei primi otto mesi si ferma a un risicato +4,2%. Innanzitutto è evidente una forbice che divide i vari segmenti, con i mezzi oltre le 6 tonnellate a fare da traino, mentre i medi e i truck leggeri arrancano vistosamente. E poi c'è la spina nel fianco della mancanza di componentistica che sta coinvolgendo tutti i marchi. Per non parlare dei prezzi in salita e della cronica carenza di autisti nel trasporto merci. Per comprendere meglio le dinamiche che coinvolgono il comparto e fare una proiezione per i prossimi mesi abbiamo chiesto un approfondimento al presidente della sezione Veicoli Industriali dell'Unrae, Paolo Starace.
Ordini e carenza di componenti. "Il recupero del trasporto merci è un indicatore determinante per la ripresa economica dell'intero Paese", spiega a tuttoTrasporti, Paolo Starace. "Quello che preoccupa maggiormente è l'andamento a singhiozzo del mercato, fortemente condizionato negli ultimi mesi dalla difficoltà dei costruttori a consegnare i veicoli a causa della carenza di componenti. E non parliamo solo di chip, ma di molti singoli elementi indispensabili che si fatica a reperire. Il rallentamento e la sospensione di alcune produzioni hanno allungato notevolmente i tempi di consegna, facendo altresì lievitare i costi di produzione, quelli dei materiali e, a cascata, anche sul prezzo dei trasporti. Un aggravio che finora è stato in buona parte sostenuto dai Costruttori stessi, ma con inevitabili ricadute anche sui listini, che tutti i brand sono stati costretti a ritoccare al rialzo”.
Ripercussioni su bilanci e occupazione. "Questo problema", continua Starace, "se dovesse protrarsi nel tempo rischia di avere pesanti ripercussioni, oltre che sugli ordini (con un portafoglio che diverrebbe sempre più esiguo), anche sui conti economici dell’intera filiera e, conseguentemente, sull'occupazione. Ma le implicazioni sono molteplici: i clienti, e in particolare le flotte, hanno spesso effettuato una programmazione che non riescono a rispettare ed esplorano soluzioni alternative, rivolgendosi al mercato dell’usato (la cui disponibilità, soprattutto per quello fresco, è ai minimi termini e anche in questo caso con prezzi costi lievitati) o prolungando i contratti di leasing, aumentando ulteriormente l’età del parco circolante. Che ricordiamo è uno dei più vetusti d'Europa".
Il nodo del valore residuo. Sono infinite le sfaccettature del mercato, che vanno tutte analizzate e prese inconsiderazione. Secondo il presidente della sezione Veicoli Industriali dell'Unrae "con la transizione energetica in atto, considerando che oggi vendiamo prevalentemente mezzi con combustibili di origine fossile, c’è anche il nodo del valore residuo. Le aziende che devono fare investimenti a lungo termine si chiedono infatti quanto varrà il loro veicolo fra cinque o sei anni. Un elemento che crea ulteriore incertezza e condiziona ovviamente le politiche di acquisto delle aziende".
Urgente il rinnovo del parco. "Sempre sul fronte della sostenibilità, le misure a sostegno del governo, in particolare attraverso il Pnrr, sono al momento piuttosto miopi", commenta Starace. "Il piano pensa al futuro e stanzia risorse per elettrico e idrogeno, ma guardando più al mondo delle auto, ai treni ad alta velocità, al trasporto urbano e molto poco alla realtà dei veicoli industriali e del trasporto merci. Sul fronte delle colonnine di ricarica, per esempio, nel piano vengono considerate prevalentemente quelle per i veicoli passeggeri, mentre sappiamo che per i mezzi da lavoro devono essere poste in luoghi differenti e con una potenza maggiore. Il nostro auspicio è che da qui in avanti, nello spendere questi fondi, si presti una maggiore attenzione alle esigenze specifiche del nostro comparto. In ogni caso, il piano evidenzia spunti interessanti di sviluppo green, ma con tecnologie che vedranno la luce non prima di 10-15 anni. Poco, però, si sta facendo per avviare questo processo nell’immediato, anche considerando l’anzianità media del nostro parco circolante, che secondo il nostro Osservatorio negli ultimi anni è ulteriormente peggiorata, passando da 13,4 ai 14 anni, nonostante le recenti politiche di incentivi per il rinnovo del parco, che evidentemente non stanno funzionando. Quindi bene guardare al medio-lungo termine, ma bisogna pensare anche al presente, togliendo dalle strade i mezzi più datati con un vantaggio in termini di minori emissioni di CO2, ma anche sul fronte della sicurezza".
Chi più inquina più paga. Gli incentivi rottamazione finora hanno visto avvantaggiarsi prevalentemente le flotte che acquistano mezzi pesanti e che oltretutto molto spesso hanno già veicoli abbastanza recenti. Quindi i bonus andrebbero comunque rimodulati in modo da stimolare i segmenti inferiori, togliendo dal mercato dagli Euro 0 agli Euro 5, che rappresentano oltre il 50% del parco circolante. Per intaccare questo zoccolo duro, però l'Unrae ritiene che sia necessario ricorrere al principio “chi più inquina più paga”. Quindi non più stanziando risorse, ma togliendole, introducendo misure penalizzanti: per esempio facendo pagare di più l’autostrada, sottoponendo più spesso i mezzi vecchi a revisione, riducendo la capacità di carico, impedendo l’accesso in determinate aree. Provvedimenti a costo zero per il Governo, ma che incentiverebbero l’acquisto di veicoli nuovi, meno inquinanti e più sicuri grazie ai moderni sistemi di assistenza alla guida.
Ripensare alla supply chain. Tornando ai dati di mercato, nella situazione attuale l'Unrae stima una chiusura d'anno per il segmento in questo momento più rappresentativo, ossia quello dei mezzi oltre le 16 tonnellate, attorno alle 20.000 unità, ossia di un paio di punti percentuali sopra ai volumi del 2019. “Tutto dipenderà dalla capacità dei costruttori di rispettare gli ordini", sottolinea Starace, "anche perché riteniamo che il settore non sia ancora uscito dal tunnel e la carenza di materiali si farà sentire anche nei prossimi mesi. Un miglioramento delle condizioni, che liberi dall’incertezza sul futuro ed eviti un rallentamento grave del rinnovo del parco in senso sostenibile", conclude Starace, "non può che passare per un ripensamento a livello europeo dell’intera supply chain della filiera automotive dei veicoli commerciali e industriali, in particolare quelli pesanti, in quanto beni strumentali operanti in un settore strategico. Il possibile blocco del mercato dei veicoli, che si aggiunge alla endemica carenza di conducenti a livello continentale, è la sfida più pesante e pericolosa che il trasporto merci deve affrontare. Non c’è davvero più tempo da perdere”.
Roberto Barone
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