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Test Scania Next Generation, ammiraglia in linea

Lo Scania “Next generation” scende sul nostro percorso, con la cabina senza tunnel e il 6 cilindri più potente.
Ce la mettono tutta alla Scania per farci piacere i loro motori in linea. A botte di ricostituenti, somministrati per “iniezione” e non solo in senso metaforico, visto che si sono avvicendati pompe con EDC, iniettori-pompa PDE, pompanti a controllo idraulico HPI e common rail XPI. ll 6 cilindri di 11,7 litri nato con la serie 4 è passato da 400 a 420 CV, poi a 470/480 CV con l’aggiunta del turbocompound. Accessorio interessante quest’ultimo, ma rimesso nel cassetto quando la cilindrata salita a 12,7 litri bastava comunque ad arrivare a 480 CV. E, puntando tutto sul ricircolo dei gas di scarico, di fatto questi Scania erano gli unici pesanti Euro 5 che potevano fare a meno dell’AdBlue. Poi venne l’Euro 6, e pure loro si dovettero piegare all’SCR, che però non impedì di raggiungere i 490 CV con il ritorno degli Streamline.
Quando meno è meglio - Nel frattempo gli svedesi iniziano a lavorare per sottrazione, scoprendo che senza EGR i motori “respirano” meglio e non hanno bisogno neppure del turbo a geometria variabile. Cominciano a levarlo dai 410 e subito dopo dai 450, facendone i propulsori più efficienti della gamma. Ottima ragione per perseverare, e con la “Next generation” tutti i 6 cilindri di casa sono solo SCR. E fanno, come in questo caso, cifra tonda: 500 CV. Una soglia psicologica che, coi tempi che corrono, è quello che ci vuole per conquistare i fedelissimi del V8, almeno quello da 520 CV.
Al top sotto e sopra - Tanto motore, anche se non in termini di potenza assoluta, merita la cabina più nuova mai vista per uno Scania, quella S a pavimento piatto finora patrimonio esclusivo di Renault e Mercedes (citate in rigoroso ordine cronologico). Nella numerazione passa da 19 a 20 in ragione dei circa due metri di lunghezza nominale, ma lo spazio utile a bordo aumenta ben più dei matematici 10 centimetri indicati: “magia” del posto guida avanzato di 6,5 (oltre che più esterno di 2) e della nicchia scavata nella parete posteriore. Mentre prima la più grande delle cabine Scania da lungo raggio era la CR19T, la massima per la nuova generazione è questa CS20H, non proprio equivalente alla vecchia Highline, dal momento che dentro offre gli stessi 207 cm della Topline, ma su tutta la larghezza visto che non c’è il tunnel motore (rimane solamente sui nuovi R). Se ne avvantaggiano non solo gli spostamenti interni, ma pure i vani sotto al letto. E fuori compaiono altri due sportelli sopra ai parafanghi, ad occupare quei 14 centimetri di dislivello del pavimento che separano gli abitacoli S dagli R.

Non si soffre di vertigini - Gli stessi 14 cm obbligano a superare un gradino in più per sedersi al posto guida di questo Scania; eppure non danno nessun senso di vertigine, casomai ebbrezza da altura. Perché lo sterzo, alla proverbiale “sincerità” precedente e a un’inedita leggerezza in manovra, dispone, casomai ce ne fosse mai stato bisogno, di ulteriori possibilità di regolazione. La plancia mantiene l’andamento curvilineo, però è tutta nuova e riorganizzata. Pezzo forte è la strumentazione, quasi tridimensionale e di grande impatto: bisogna imparare a leggere tutte le informazioni che è in grado di offrire, ma solo perché sono tante. Molto ben fatto il mobiletto centrale, pieno di vani e cassettini, solo un po’ ingombrante. Originale, poi, la disposizione dei comandi, con quelli della velocità radunati finalmente nella parte bassa del volante, mentre migrano sulla portiera (dove già c’erano alzacristalli e regolazione specchi) pure gli interruttori di tutte le luci esterne; l’unico dubbio è che, in caso di pioggia, si bagnano aprendo la portiera; ma essendo stati concepiti in Svezia, immaginiamo saranno adeguatamente protetti dalle intemperie. Poco condivisibili i due cursori che disaccoppiano i freni ausiliari, farfalla e retarder, dal pedale di quelli di servizio, ora sulla leva dell’Opticruise. Col rallentatore che rimedia molto bene alla cronica mancanza di un freno motore a decompressione.
Una battaglia contro l’aria - Chiarita la genesi, vediamo come s’è comportato l’S500 sul classico percorso di tuttoTrasporti: oltre 500 km non proprio col vento in poppa, piuttosto del tutto contrario, specie nelle prime due tappe. Eppure lo Scania se l’è cavata bene, uscendo alla distanza con oltre 81 km/h di velocità media e percorrenze di quasi 3,4 km/l: pur considerando il non trascurabile consumo di AdBlue (quasi il 10%, tipico dei sistemi senza EGR), è un risultato di rilievo per un autoarticolato da 500 CV a pieno carico. L’ha spuntata più che bene anche nel test in salita, merito di una rapportatura azzeccata (2,59:1) e non eccessivamente lunga. In effetti la Scania ha in catalogo anche un 2,35 da “discesa libera” che sul nostro difficile percorso non paga quasi mai. L’S500 conferma la sua sua briosità in accelerazione e ripresa, con tempi migliori non solo del precedente R490, ma anche del V8 da 520 CV (e nemmeno così distanti perfino dal 580). Ha contribuito anche la rapidità di cambiata del nuovo Opticruise, che peraltro non ha perso nulla della sua fluidità e “intelligenza” d’intervento. Cose che si apprezzano anche nel preciso funzionamento del cruise control predittivo e dell’Eco Roll.
Si guida sempre bene - L’innalzamento del piano di seduta della cabina S non ha controindicazioni nella guida sempre appagante dello Scania. Dell’avanzamento del sedile al parabrezza ha poi beneficiato la visione di ciò che passa a ridosso del muso. La nuova articolazione fra abitacolo e telaio, insieme alla cura costruttiva, isolano meglio l’interno dall’esterno. Qui hanno giocato a favore del confort anche le sospensioni pneumatiche (a scapito, però, della tara), che tuttavia non riescono a mitigare del tutto una certa rigidità del posteriore, nonostante l’allungamento del passo.
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