I nostri test, V8 Scania: vado al massimo
Prima guida per i V8 Scania di ultima generazione. La viceammiraglia 660 S con il nuovo cambio e il formidabile 770 S, il camion di serie più potente del mondo...
Sedici cilindri. Tanti ne ha messi a disposizione l'Italscania di Trento, vera e propria Mecca del "camionismo" italiano; il posto dove tanti vorrebbero venire almeno una volta nella vita a ritirare uno Scania nuovo di zecca. A noi ne hanno dati (in prestito, s'intende) addirittura due, e con il motore più famoso di famiglia, il leggendario V8. Lo abbiamo guidato nelle sue ultime e più performanti tarature: il 660 CV evoluzione del 650 e il tanto atteso 770 CV. Insomma, lassù, nel club esclusivo del Grifone (simbolo della Casa di Sodertalje), siamo entrati dalla porta principale e al limitatore, qualunque sia la pendenza da superare.
Concentrato di emozioni. L'8 cilindri è una certezza. Sempre. Quando lo compri, perché come lui non ce ne sono più nel mondo del camion (e stanno diventando rari pure fra le auto). Quando lo metti sotto, a lavorare duro per anni, che tanto lui non soffre e tira sempre. Quando lo rivendi, perché sul mercato dell'usato lo sforzo iniziale nell'acquisto ti viene ancora riconosciuto. Downsizing? No, grazie. Qui i centimetri cubi sono tanti: 16.350 per la precisione, mille e passa più dei tedeschi MAN D38 e Mercedes OM 473, ma pure qualche centinaio oltre quelli del Volvo D16. Se finora abbiamo identificato i camion coi loro motori, piuttosto che con i relativi modelli è perché i due Scania che abbiamo avuto il privilegio di testare erano entrambi dotati dello medesimo abitacolo: quella cabina S che, montata più in alto di un gradino rispetto alla R, ha il vantaggio del pavimento piatto, privo cioè della protuberanza del tunnel. Eppure il V8, proprio in virtù della sua configurazione, occupa meno spazio di un 6 in linea, sia in altezza sia in lunghezza; è solo un po' più largo, ma se gli organi ausiliari vengono piazzati al centro delle due bancate, anche l'ingombro trasversale diventa accettabile.
Quattro in uno. Ora i V8 si riallineano: condotti di scarico singoli e turbina twin-scroll con ingressi singoli e sfalsati per ciascuna bancata. In realtà il top 770 ha un gruppo di sovralimentazione tutto suo, con cuscinetti a sfere raffreddati ad acqua. Anche il rapporto di compressione è leggermente più basso (19 contro 22:1), bilanciato da una fasatura più spinta delle camme: il risultato è un regime di coppia massima spostato un centinaio di giri più in alto rispetto ai 660, 590 e 530. La taratura d'attacco, che era prima il 520, perde la cosiddetta camma Miller (chiusura ritardata delle valvole d'aspirazione), ma le novità sono comunque una settantina. Dai pistoni alle camere di combustione, dal materiale delle canne cilindro all'iniezione con pompa bistadio. E, su tutte, il doppio SCR con un primo dosaggio di AdBlue subito fuori dal turbo (efficace negli avviamenti a freddo) e poi un secondo nella marmitta dov'era l'unico in precedenza. Questo a giustificare il salto in avanti di 10 cavalli per tutti i V8 "cadetti". Non raggiungono la possenza del 770 e i suoi esagerati 3.700 Nm di coppia, ma proprio per questo possono montare il nuovo cambio, sempre automatizzato Opticruise.
Danilo Senna
Estratto della prova pubblicata su tuttoTrasporti di marzo 2021, n. 447.
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